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Allergie e intolleranze alimentari

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Allergie e intolleranze alimentari, sono una questione genetica? Scopri cosa dice un famoso allergologo, sull'origine genetica delle sensibilità al cibo

Allergie e  intolleranze alimentari sono in grande espansione. L’esperienza degli ultimi trent’anni, le fa includere  fra le malattie croniche della civilizzazione, le cui cause paiono essere di origine diversa  (malassorbimento,  carenze vitaminiche e di minerali, ambiente, dieta e cibi sempre più raffinati ricchi di additivi, coloranti o conservanti, genetica…).
A proposito della genetica vale la pena accennare all’ipotesi della discordanza fra il patrimonio genetico dell’Homo Sapiens e il suo ambiente: i cambiamenti ambientali incominciati con l’allevamento e l’agricoltura (circa 10.000 anni fa), sono avvenuti troppo recentemente nella scala dell’evoluzione, affinché il nostro organismo potesse adattarsi. Potrebbe essere la causa di allergie e intolleranze alimentari.
Diciamo che non c’è stato il tempo e tale mancato adattamento, si manifesta  come malattia di tipo allergico o come intolleranza.
Se poi guardiamo i cambiamenti ambientali sempre più profondi e veloci degli ultimi 200 anni (a partire dall’inizio dell’era industriale), è facile comprendere come questa differenza sia aumentata in maniera esponenziale e di conseguenza anche i suoi effetti sulla salute delle persone.
Johnathan Brostoff, medico allergologo primario dell’Istituto di Allergologia di un ospedale di Londra, propone un interessante argomento: egli sostiene infatti che “come abitanti dei climi temperati, possiamo indulgere nel lusso di considerare la natura inoffensiva e accogliente, reputando allo stesso tempo il cibo completamente benefico e sano… Se vogliamo comprendere la natura delle intolleranze alimentari, dobbiamo rimettere in questione questi concetti” (“Le malattie allergiche” J. Brostoff,).
Essere “onnivori”, vale a dire mangiare di tutto,  è certamente una caratteristica che rende molto, ma nello stesso tempo espone ad alti rischi, in quanto l’onnivoro difficilmente si adatta alle tossine specifiche di un singolo cibo. Gli erbivori invece, durante l’evoluzione, si sono maggiormente adattati alle sostanze chimiche presenti nei vegetali.
Gli uomini primitivi chi sa se soffrivano di allergie e intolleranze alimentari,  probabilmente si alimentavano come fanno i topi tutt’ora: quando trovavano un nuovo cibo lo assaggiavano a piccole dosi, poi aspettavano un paio di giorni per vedere se succedeva qualcosa, prima di considerarlo tranquillamente commestibile. Un atteggiamento che sarebbe utile, ma  improponibile ai giorni nostri. Il passaggio dal nomadismo alla vita stanziale, fu caratterizzato dalle prime tecniche agricole: la raccolta di erbe selvatiche ove queste crescevano abbondanti e lo stoccaggio dei semi che, oltre a costituire cibo, iniziarono anche a essere piantati e quindi a fornire le prime coltivazioni.
In Medio Oriente oltre 10.000 anni fa, le forme più primitive di orzo e grano fecero la loro comparsa come varietà addomesticate, mentre 2-3000 anni dopo apparvero nell’America Centrale quelle di mais, in Estremo Oriente quelle di riso e in Africa ben più tardi si sviluppò l’addomesticamento del sorgo e del miglio. Col tempo dunque questi alimenti, in precedenza assunti sporadicamente, divennero l’alimentazione base delle suddette popolazioni e con essi tutta una serie di sostanze biochimiche alle quali l’Homo sapiens non era abituato.

la selezione naturale lavora lentamente ed è quindi probabile, secondo l’ipotesi dell’allergologo “che i problemi secondari dovuti all’introduzione di un nuovo cibo, persistano per qualche migliaio di anni”.  Questo sarebbe vero in effetti per alimenti di largo consumo nei paesi occidentali, come latte, pomodoro, grano, per fare degli esempi. Lo scienziato allergologo intende dire che molte piante non erano state programmate all’origine  a diventare cibo per l’uomo e avrebbero in sé alcuni meccanismi di difesa, costituiti da specifiche molecole: in pratica non “volevano essere mangiate”….
Secondo questa teoria, il grano è un facile indiziato, in quanto contiene alcune proteine “difensive”, che si legano a certe cellule del corpo umano e in alcuni soggetti provocano una reazione avversa, conosciuta oggi come celiachia. Insomma, sembrerebbe che il celiaco sia una vittima inconsapevole del lento adattamento fra il genoma umano  e il grano, dato che è stato anche riconosciuto il carattere ereditario di tale patologia.
I problemi causati dall’introduzione di un nuovo alimento, causa di allergie e intolleranze alimentari, persistono per migliaia di anni, anche a causa della frequenza con cui essi vengono assunti. Non è un caso infatti che fra diverse aree geografiche, dai differenti consumi, vi sia una notevole differenza nella diffusione delle intolleranze agli alimenti.
Viene logico chiedersi: se il nostro organismo è dotato di un sistema difensivo e gli alimenti sono chimicamente diversi, perché ogni volta che mangiamo qualcosa, non si scatena sempre una reazione di rigetto o una infiammazione, perché  allergie e intolleranze alimentari sono occasionali? La risposta già c’è ed è nel fenomeno della tolleranza orale, cioè della capacità di adattamento che il nostro organismo sviluppa, con qualche eccezione evidentemente, che conferma la regola.






 
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